Isabella Viola, storia della Principessa di Torvaianica morta di lavoro nero

3 Dicembre 2013
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A un anno di distanza, non dimentico la storia di Isabella Viola, conosciuta come la Principiessa di Torvaianica, una Regina per il marito e i quattro figli.

A un anno di distanza il mio pensiero va a lei, vittima di un sistema che va cambiato. Nel profondo.

“Sempre avanti e mai paura, testa bassa e lavorare, lavorare, lavorare. Non devo stare male, non devo ammalarmi. Non posso ammalarmi. C’è bisogno di quei soldi a casa. Tieni duro Isabella, non ci pensare, non ci pensare.

55 euro al giorno e un viaggio di due ore per andarli a raccogliere negli angoli di quel bar rosa che conosco così bene, da portare avanti al meglio, nonostante tutto. Che il mio lavoro lo faccio bene, con amore. Che le soddisfazioni son tante, davvero. Che i miei dolci, quelli che vorrei avere il tempo di fare ai miei figli, li faccio per tutto il quartiere di Torvaianica e mi chiamano Principessa qui. Qualcuno pure Regina. Ammè? Ammè Regina? Regina a me basta esserlo nel regno della mia casetta, per i miei uomini Manuele (11), Francesco (9), Davide (6) e Alessandro, mio marito e poi c’è la principessa, la piccolina di casa, Alessandra (4). E io me li perdo, troppo, e il tempo passa, veloce. Che c’ho 34 anni ma il mio cuore ne ha di più, ne ha di più. Ma io vado avanti, sempre avanti, testa bassa e mai paura, lavorare, lavorare, lavorare, 7 giorni su 7. Che Alessandro mi dice “Stai a casa oggi che non stai bene”. Ma come si fa? Se sto a casa niente soldi che un contratto non ce l’ho. Niente malattia pagata per la Regina. Poi oggi è domenica e la domenica mi lascian tornare prima “Tranquillo amore, ce la faccio”. Ce la faccio, ce la faccio e ora c’è il Natale e io i regali glieli voglio fare ai bambini. Perché non devono avere Babbo Natale i miei bambini? Risparmierò, sì, e mi concentro su quei regali, anche quando l’autobus è pienissimo e siamo stretti appiccicati. E chi glielo dice ad Alemanno che magari ne vanno messi altri di autobus o di metro?

Non certo io, no di certo, che son Regina del mio piccolo regno che non c’entra niente col loro. Una Regina che non ha voce da alzare ma solo la forza di lavorare. Testa bassa, mai paura finché il mio cuore ce la farà.

Il cuore di Isabella non ce la fa e quella domenica 18 novembre 2012 un malore sulla banchina della stazione Termini della metropolitana romana, pone fine alla sua vita. Il mio massimo rispetto va al dolore del marito Alessandro e dei loro quattro figli; dar voce a Isabella, con grande umiltà, vuole essere il gesto estremo di una donna sua coetanea che, con dolore e rammarico, ha voluto i suoi panni. Il mio dolore sincero lo dedico alla sua famiglia, con tutto il cuore.

Ma debbo due parole sentite anche alle cariche politiche che si sono interessate al triste caso, con colletta organizzata dai Consiglieri in Assemblea Capitolina. Salvatore Vigna, Capogruppo di Alleanza per l’Italia in Campidoglio, dichiara:Sono stato colpito dalla disponibilità dei singoli Consiglieri, per la sensibilità e l’attenzione dimostrata. Si tratta di un messaggio e di una testimonianza di solidarietà umana della politica e dell’Istituzione che ha trasformato un fatto di cronaca in esempio di vita. Certamente la somma ricavata non è risolutiva dei problemi dei figli che Isabella Viola ha lasciato, ma è la testimonianza viva delle Istituzioni e dei loro rappresentanti, i quali hanno donato soldi propri. È un esempio di solidarietà e altruismo da prendere a modello e da seguire per il futuro da parte di tutta la Politica” (Fonte: ilmessaggero.it)

Si sbaglia Vigna, quest’orrendo fatto di cronaca non è stato trasformato in esempio di vita dal gesto delle Istituzioni e neanche dalla solidarietà umana della politica. Rimane un orrendo fatto di cronaca con l’aggiunta dell’eco delle vostre parole, evitabili, se non fosse che questi fatti vanno strumentalizzati prima del vostro passaggio in pompa magna.

Isabella non c’è più e ora vi accorgete di lei. Le intitolerete anche una via? Ce ne sono tante, tantissime di Principesse come Isabella, incoronate Regine solo dopo la loro morte e io, un Paese con tutti quei nomi, proprio non lo voglio. Che di lavoro non si può morire, che la vita è difficile anche solo per i vostri autobus che passano in ritardo e sono affollati come carri bestiame. Che c’è un sistema che è guasto fino al midollo e che non cambia ma siamo noi che ci dobbiamo adattare. E allora entri nel sistema e il sistema ti succhia il midollo, che il tuo è buono, finché ce n’è.

Eppure il mio Paese lo amo, nonostante voi, nonostante tutto e non penso che all’estero vi sia il regno dei balocchi e ancora non scappo e ancora rimango e vi dò il mio midollo buono. Di Principesse incoronate da morte e non da vive, s’è sempre sentito parlare come anche delle lacrime e della solidarietà e della gente altruista e delle mail da leggere ai piccoli, la sera e da conservare, per quando saranno grandi.

Arrivare a morire pur di sopravvivere. Ecco, questo post, Alte Cariche Istituzionali e Dirigenti tutti, ve lo dedico.”

A te, Isabella, pensiero di Luce e Amore.